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Relazionésimo
/re·la·zio·né·si-mo/

sostantivo maschile

  • «movimento umano, culturale ed economico che affermi l’importanza delle relazioni e dell’amore nella vita, come modello ispiratore e educativo sulla conoscenza del “vivere felici”»

«Beate Vivo Farm» (Beate Vivo: dal latino «vivo felicemente») è un progetto d’impresa che esprime l’esigenza di armonia, di equilibrio e di leggerezza dentro la complessità contemporanea reagendo al rischio di una disumanizzazione della vita delle persone e delle organizzazioni a fronte della quale vuole avviare una nuova era fondata sul «Relazionésimo». Ovvero un agire sociale, culturale ed economico che affermi l’importanza delle relazioni come motore di sviluppo trasversale a tutte le sfere dell’attività umana.

A coniare il termine Relazionésimo sono Ombretta Zulian e Ketty Panni. Due visionarie imprenditrici italiane, fondatrici di Beate Vivo Farm, che reinterpretano e rinnovano l’essenza della parola «economia»: [dal gr. οἰκονομία, amministrazione e cura della casa).
Il loro scopo è di stimolare concretamente la nascita di un «movimento umano, culturale ed economico che affermi l’importanza delle relazioni e dell’amore nella vita, come modello ispiratore e educativo sulla conoscenza del “vivere felici”».

L’attività economica, attraverso la cultura delle relazioni, diviene in tal modo fattore determinante per nuove modalità di rapporto tra le diverse realtà del territorio. Capaci di generare nuove complementarità produttive tra le sfere privata e pubblica.

Si perseguono in questa maniera sia la dimensione Core (valore economico) che la dimensione Care (valore sociale) in un continuo mutuo sostegno e circolarità. L’impresa assume così la postura della C-Corp (Impresa-Comunità) per attivare con intenzionalità relazioni di reciprocità, di collaborazione e di cooperazione con i livelli istituzionali e con le forme di cittadinanza attiva, creando valore condiviso.

Beate Vivo propone di «viaggiare nella cultura delle relazioni con l’emozione della scoperta attraverso l’etica del fare».

L’Era del Relazionésimo secondo il “metodo Beate Vivo”

Ombretta Zulian e Ketty Panni hanno definito il “metodo Beate Vivo” per la cura delle relazioni: si sono ispirate ai princìpi della generatività sociale e li hanno declinati in progetti educativi di Comunità, intersettoriali e intergenerazionali, con un particolare investimento nelle nuove generazioni.

Il metodo Beate Vivo

Il metodo Beate Vivo – fondato su conoscenza, studio e applicazione – propone di uscire dalla rassicurante comfort zone costituita dagli abituali e limitanti schemi di azione che nella complessità del presente non funzionano più, per sperimentare, rischiando, il cambiamento. Investire risorse economiche in una innovativa grande sfida: il Relazionésimo.

Beate Vivo Farm sperimenta

Beate Vivo Farm sperimenta e diffonde buone pratiche e casi di successo con il supporto di esperti e accademici. Ciò significa prototipare, testare e implementare soluzioni innovative a partire dall’identificazione dei nodi da sciogliere. Verificando le soluzioni con la logica della start up. Il modello sperimentato e verificato in un territorio circoscritto viene poi condiviso ed esportato (disseminato in una sorta di franchising innovativo).

Beate Vivo Farm raccoglie

Beate Vivo Farm raccoglie e riunisce, in forma collaborativa e contributiva, persone, imprese e istituzioni che condividono senso e finalità del Relazionésimo e che agiscono operativamente nella comunità.

L’attività aziendale guarda alla buona economia:

  • perché ha solide radici nel rispetto, nella reciprocità, nella giustizia, nella solidarietà e nell’assenza dei pregiudizi e discriminazioni fonte di disuguaglianza economica;
  • perché prospera nell’equilibrio, armonia e nella sostenibilità integrale;
  • perché supera la dicotomia pubblico vs privato praticando innovazione sociale, nuove soluzioni generative, cambiamenti profondi caratterizzati da una cultura delle relazioni pervasiva per strutturare e riorientare lo sviluppo dall’economia dei territori.

Serve progettare non per i territori, ma con i territori; non per le imprese, ma con le imprese.
In un processo autenticamente condiviso che sappia rovesciare le dinamiche tradizionali per ritrovarsi come comunità intorno alle relazioni, vero cuore del nostro esistere, vero motore di felicità, vero volano di sviluppo per produrre valore condiviso.

Perché le Relazioni al centro di un progetto aziendale e perché proprio ora?

Ogni persona sperimenta nella propria storia personale, civica, culturale, professionale, sociale e ambientale quanto le relazioni siano la bussola del proprio percorso. Sono indispensabili, sono un bene primario ed essenziale per misurare la qualità del vivere.

Attraverso le relazioni trasferiamo e condividiamo le emozioni, comunichiamo le nostre azioni, i sentimenti, i pensieri creativi, i nostri ideali e valori, i talenti, il nostro lavoro, i progetti di futuro.

I comportamenti umani producono un “effetto relazionale” il cui riverbero incide nelle vite private e collettive di ognuno e negli impatti sul pianeta. Ogni effetto relazionale produce valore che può essere tangibile o intangibile, materiale o immateriale.

Tutti noi ricerchiamo l’armonia, l’equilibrio e la leggerezza per rispondere alla complessità contemporanea. Lo “status” di felicità, a cui l’essere umano ambisce è una condizione di benessere integrale con sé stesso, con le altre persone e con il pianeta e ci consente di coniugare aspetti, opposti e contrastanti: reciprocità e autonomia, generosità e interesse, diritti e doveri, valori tangibili e intangibili.

Solo nel riconoscimento della propria dipendenza ineludibile dall’altro/a, nel bisogno di appartenenza e di legame con gli altri e le altre attiviamo un circuito di reciprocità che ci aiuta a vivere nella complessità.

L’Era del Relazionésimo prende avvio nel 2020, «anno bivio» segnato dalla prima pandemia globale che ha evidenziato l’inter-in-dipendenza planetaria in ogni ambito della vita umana.

L’attuale fase di post-pandemia sta evidenziando una potenziale transizione/commistione/ibridazione/confluenza tra la “dimensione umana” (corpo, mente e spirito) legata alla natura degli esseri viventi e la “dimensione virtuale”, derivante dalla sempre più pervasiva presenza di tecnologia-tecnocrazia collocata nell’immaterialità del digitale.

Ma l’identità soggettiva e delle comunità non è statica: richiede negoziazione, riconoscimento, impegno e soprattutto Relazioni a tutti i livelli.

È ormai indispensabile e improrogabile affermare la centralità della persona e delle relazioni umane in ogni scelta culturale, politica, economica, sociale e ambientale.

Che fare per portare il Relazionésimo nelle dinamiche di sviluppo dei territori?

Diamo Centralità alla Persona in relazione e alla cura

Ciò rimanda da un lato alla unicità, alla insostituibilità dell’individuo (nessuno può sostituirmi nel mio agire responsabile; io sono chiamato alla responsabilità e nessuno può essere responsabile al mio posto) e, dall’altro, alla sua capacità di rapportarsi all’altro inteso non più solo come mezzo, ma come fine, come soggetto di una tensione relazionale per la sua crescita spirituale, culturale e civile.

In questo senso si può pensare alla responsabilità come bene comune, come legame sociale e di relazione di cura delle Persone, della Comunità e del Pianeta in un circuito di reciprocità, in un ciclo interminabile e sempre aperto.

Riconosciamo il Valore creato dalle relazioni

Le relazioni sono un bene primario ed essenziale per misurare la qualità del vivere. Ogni effetto relazionale produce valore che può essere tangibile o intangibile, materiale o immateriale. Questo valore va rendicontato, per monitorarne il ritorno economico, personale, sociale e civile.

Il “metodo Beate Vivo” fa emergere la rilevanza del “fattore comunitario” del capitale sociale e culturale nonché del “capitale connettivo” del territorio. Se la sfida del presente è sul senso, allora le alleanze devono prendersi il rischio di condividere non solo i mezzi, ma anche i fini, ossia diventare “alleanze di scopo”. La prossimità diventa così il fattore generativo su cui calibrare la riorganizzazione dei servizi e della gestione delle dinamiche sociali nelle città e l’innesco di nuove economie e imprese su cui rilanciare il protagonismo e gli investimenti per alimentare nuove soluzioni di cura e assistenza, ma anche sviluppo endogeno sostenibile, non dissipativo di risorse, capace di ridurre i costi sociali e produrre valore condiviso.

Tramandiamo la ricchezza tangibile e intangibile in eredità alle prossime generazioni

La “ricchezza integrale” dell’essere umano risulta dalla somma di beni materiali e immateriali, di valori tangibili e intangibili e associa il “patrimonio personale” al “patrimonio collettivo” dato dalla “status di salute” delle Persone e dei Beni Comuni che afferiscono alle Comunità di appartenenza (Città, Stato, Unione Europea…).

L’eredità, ricevuta o lasciata, secondo il metodo Beate Vivo, è data dalla ricchezza integrale. Le imprese, le organizzazioni e le istituzioni sono chiamate a introdurre nella loro rendicontazione economica, una quota di valore destinata al “prendersi cura” delle Persone, delle Comunità di appartenenza e dell’Ambiente.

Eredità intesa anche come dotazione di talenti, opportunità, doni materiali e immateriali, risorse naturali che ognuno riceve alla nascita e che ha il dovere di conservare, far crescere e tramandare responsabilmente alle generazioni che verranno.

Relazionésimo 2030: IL PRIMO FORMAT EUROPEO B2P - Business to Peolple and Planet - delle Relazioni

Relazionésimo è un movimento umano, culturale ed economico ideato da Beate Vivo Farm

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